Dopo mille giorni al comando, il governo Meloni galleggia su sondaggi in calo, promesse mancate e un’Italia più divisa. Tra riforme annunciate e mai realizzate, retoriche securitarie e manovre di potere, il consenso sfuma. Ma non basta sopravvivere per governare: serve un’idea di futuro. E qui, il buio.
C’è un’Italia che guarda il governo e, semplicemente, non ci crede più. Mille giorni dopo l’insediamento di Giorgia Meloni, l’unico dato davvero stabile è la crescente sfiducia. Secondo l’ultimo sondaggio YouTrend per SkyTG24, ben il 62% degli italiani boccia l’operato dell’esecutivo. E non si tratta di un capriccio passeggero: è la fotografia cruda di un sentimento ormai consolidato.
Il bilancio? Politico e umano. Meloni non guida più l’onda, la subisce. Il suo governo è ormai entrato nella fase “andreottiana” della politica italiana: tirare a campare. Ancorata al potere e alla durata – tra due mesi supererà Renzi, tra quindici batterà Berlusconi – la premier sembra più preoccupata di entrare nei libri di storia per longevità che per visione. Ma la storia, quella vera, non si scrive con le statistiche.


Le riforme annunciate con fanfare – premierato, autonomia differenziata, giustizia – sono rimaste ferme ai titoli. Il ponte sullo Stretto, simbolo del vuoto progettuale mascherato da grandeur, è il provvedimento più odiato dagli italiani. Altro che “visioni”: qui si naviga a vista.
Matteo Salvini è il volto simbolo di questa crisi. Un vicepremier ridotto a meme, impopolare anche tra i suoi ex alleati. Il 66% degli italiani lo boccia, e non basta il colpo di teatro del ponte per risollevare la sua immagine. Daniela Santanché fa addirittura peggio, rigettata persino dagli elettori di centrodestra. Un dettaglio che dice tutto su come l’arroganza del potere possa scavare fossati anche dentro le proprie trincee.
Eppure, nell’oceano di impopolarità, qualcuno si salva: Guido Crosetto e Giancarlo Giorgetti, i due ministri “tecnici” per eccellenza, con l’aria di chi governa senza fare rumore. Ma anche per loro, il giudizio è tutto sommato tiepido: la sfiducia cresce ovunque.


Mentre il governo impone decreti sicurezza, riscrive reati contro le manifestazioni, l’Italia reale arranca. E arranca male. L’eliminazione del reddito di cittadinanza, sbandierata come grande conquista, si traduce in nuovi poveri senza protezioni. L’inasprimento delle pene per i femminicidi? Apprezzato, certo. Ma senza misure strutturali, rischia di restare solo una risposta emozionale.
Il DDL Sicurezza, cavallo di battaglia della propaganda meloniana, è rigettato dal 50% degli italiani e dal 63% degli elettori di sinistra. Chi cerca giustizia sociale, chi protesta, viene criminalizzato. Aumentano i reati? No. Aumenta la paura, alimentata ad arte.
Un tempo, Meloni sapeva parlare alla pancia del Paese. Ora inciampa nei suoi stessi messaggi. L’ultima uscita sui referendum è stata un flop comunicativo, confusa persino per i suoi. Il distacco tra leadership e base si fa evidente, tanto che nei territori Fratelli d’Italia perde terreno ovunque: male a Genova, Taranto, Matera. In Umbria e Marche il vento è girato. Non è più tempo di marce trionfali.
Il partito vive di logiche interne opache, spartizioni di potere e vendette incrociate. L’arrivo di Arianna Meloni alla sede romana di FdI non ha spostato equilibri. Donzelli è in calo, Bignami e Cirielli in ascesa, Lollobrigida si riprende. Ma nessuno guida davvero. Si resta fermi, come in un film di Tarantino, con le pistole puntate ma senza che nessuno osi sparare.
Mille giorni dopo, non resta che il potere. E il potere, da solo, non è politica. È amministrazione del presente, distribuzione di incarichi, controllo dei fedelissimi. Ma le emergenze – sociali, economiche, ambientali – bussano forte. L’Italia ha bisogno di visione, non di gestione. Di coraggio, non di prudenza opportunistica.
La sinistra, se vorrà riprendersi il campo, dovrà partire da qui. Dalla denuncia di un potere svuotato, dalla costruzione di una nuova credibilità, fatta di diritti, lavoro, welfare e partecipazione. Non basta aspettare che Meloni cada. Bisogna costruire l’alternativa. A testa alta. E a occhi aperti.
Fonte: Youtrend/Sky TG24
* Nota metodologica: sondaggio svolto con metodologia CAWI tra l’11 e il 14 luglio 2025 su un campione di 800 intervistati rappresentativi della popolazione maggiorenne residente in Italia, indagate per quote di genere ed età incrociate, stratificate per titolo di studio e ripartizione ISTAT di residenza. Il margine d’errore è del +/- 3,5% con un intervallo di confidenza del 95%.



