Un agostiniano missionario, un nome carico di storia, un messaggio che intreccia Vangelo, giustizia sociale e critica al potere: inizia l’era di Leone XIV.
Quando il Cardinale Robert Francis Prevost da Chicago, Illinois, si è affacciato al balcone in Piazza San Pietro, in televisione e sui media italiani è subito partita la gara a tratteggiare la figura del nuovo Papa, a cercare di capire se sarà un conservatore, un progressista, un moderato o un innovatore. Un atteggiamento, diciamo la verità, un po’ provinciale come, d’altronde, provinciale è stato il racconto di questi giorni di Conclave, ridotti al derby italiano Parolin-Zuppi, quando oramai, dai tempi dell’elezione di Karol Wojtyla, il tempo degli italiani è tramontato e la Chiesa, universale per definizione, giustamente si è aperta al mondo.
A parte coloro che seguono attentamente le vicende della Santa Sede, di Prevost sappiamo poco: le note biografiche ci dicono che nasce in una famiglia cattolica degli Stati Uniti, si laurea in Matematica che per molti è il linguaggio di Dio, agostiniano e quindi di grande cultura, ma tutt’altro che un mero teologo: quindici anni di missione in Perù, vescovo nel Paese sudamericano dove conosce Josè Bergoglio che , da Papa, lo nomina Cardinale e lo vuole con sé a Roma (e qualcosa pur vorrà significare). Tuttavia, la biografia poco ci può dire, ovviamente, di quello che sarà il suo pontificato: più vicino alla tradizione come suggerirebbe l’adozione dei paramenti papali che Francesco aveva rifiutato o in continuità col magistero di Bergoglio come ci lascia indurre il saluto inziale – Pace a voi- direttamente mutuata dal Vangelo alla cui parola era ritornato il predecessore argentino.
La sorpresa, già abbastanza forte, quando l’annuncio in latino più celebre del mondo ha portato nelle nostre case il nome di Prevost, si è trasformata in vero e proprio stupore quando abbiamo ascoltato il nome che il nuovo Papa si è imposto: Leone XIV. Ci siamo in un attimo ritrovati ad attraversare i duemila anni di Storia che la Chiesa, unica istituzione umana, ha conosciuto senza soluzione di continuità. Tanto per intenderci, il primo Leone, Leone Magno, è stato il Papa che convinse Attila a non distruggere Roma (e di nuovi Attila che vogliono distruggere la civiltà, in questo momento, ne è piena la cronaca). Ma è l’ultimo Leone, il tredicesimo di questo nome, che più intriga: il primo Papa privo dello Stato pontificio, successore dell’ultimo Papa Re, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento quando la Rivoluzione industriale cambiò definitivamente la storia dell’essere umano. Di fronte alla sfida della modernità, stretto tra il nascente capitalismo assolutamente deregolamentato e un socialismo che minacciava i privilegi di cui anche molti uomini di Chiesa godevano, Leone XIII emise, tra le altre, una delle encicliche più significative, la Rerum Novarum, considerata l’atto fondativo della dottrina sociale della Chiesa.
“Nei contratti tra datore di lavoro e lavoratore, il compenso del lavoro è fissato affinché l’accordo sia vantaggioso per entrambe le parti: cioè che il lavoratore riceva il giusto prezzo del suo lavoro e il datore tragga utile dalla prestazione ricevuta. Tuttavia, equità naturale esige che il salario sia sufficiente a mantenere il lavoratore in modo sobrio e dignitoso”. Sono parole che non si leggono nel Capitale di Marx ma proprio nella Rerum Novarum, dove si tutela la proprietà privata ma si afferma che essa va usata con responsabilità tenendo conto del bene comune, e dove si sostiene che i rapporti economici e sociali devono essere guidati dalla giustizia e dalla carità cristiana.
Ovviamente non possiamo ancora sapere se la scelta del nome sia già il manifesto del nuovo Pontificato come invece fu subito chiaro con Bergoglio. Riteniamo però di poter azzardare che 133 cardinali, provenienti davvero da ogni angolo della Terra, che in un solo giorno sono confluiti su un vero e proprio outsider, abbiano voluto lanciare un messaggio chiaro. Un Papa nordamericano di nascita, ma sudamericano di spirito, una figura che si contrappone, per storia personale e messaggio dottrinario, a quello che fino a poche ore prima era l’americano più famoso e temuto al mondo, il Presidente Donald Trump che voleva influenzare la scelta di un Papa amico, e che invece si ritrova il Papa più scomodo che potesse mai immaginare.
Se la scelta del nome, quindi, nasconde un messaggio raffinato, Papa Leone XIV potrebbe essere per Trump e soprattutto per il trumpismo imperante nel mondo quello che il polacco Giovanni Paolo II fu per il blocco sovietico: l’inizio della fine.