La memoria del giovane poliziotto nocerino vittima del terrorismo, rischia di sbiadirsi nel tempo: un richiamo a onorare il suo sacrificio e a raccontarlo alle nuove generazioni.
Nel 1976 il viaggio in treno da Milano a Roma può durare fino a dieci ore. Quel 14 dicembre è martedì e Filomena sta facendo quel viaggio che le sembra durare, in realtà, dieci anni. Filomena ha 21 anni, è di Nocera ma da un anno, col marito, si è trasferita nella città lombarda, come hanno fatto tanti altri meridionali – perché questa è una storia molto meridionale – dove ha avviato un’attività commerciale. C’è solo l’angoscia ad accompagnarla: da poche ore ha saputo, nel modo più brutale – attraverso il notiziario televisivo del primo pomeriggio – che suo fratello Prisco, di tre anni più grande, agente della Polizia di Stato, è stato assassinato nella Capitale nel corso di un attentato terroristico. A Roma, in piena notte, Filomena si ricongiunge con mamma Ida e papà Fioravante, nel frattempo giunti da Nocera: per loro nulla sarà più come prima.
Prisco e Filomena sono legatissimi. Vivono i primi anni di vita a Grotti e poi si trasferiscono a Casolla dove sono sorte le nuove case frutto del piano di edilizia popolare che sta contribuendo a ricostruire le città italiane distrutte dalla Seconda Guerra Mondiale. Con il papà autista e la mamma impegnata nelle fabbriche conserviere, ricchezza della Nocera anni ’50 e ‘60, i due ragazzi trascorrono da soli intere giornate, tra la scuola, i giochi, gli amici, e le vacanze, se così si possono definire, nella campagna della nonna a irrigare campi. Una famiglia dalle solide radici nocerine come testimonia anche il nome del primogenito, Prisco appunto, e dai rigorosi principi tipici della cultura contadina meridionale.

A Prisco, ragazzone di un metro e ottanta, biondo, quella vita inizia però a stare un po’ stretta: ha lavorato in campagna e poi in fabbrica ma la sua legittima aspirazione è migliorare la posizione sociale. Inizia a fare domanda nelle forze dell’ordine: Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato; viene scelto dalla Polizia e lì si arruola con entusiasmo. A nemmeno 19 anni è a Trieste per il corso di addestramento e poi in giro tra vari commissariati della Penisola fin quando non viene assegnato a Roma con un compito molto particolare. Prisco ha superato il corso per la guida veloce e così gli viene affidato l’incarico di guidare l’auto assegnata al vicequestore Alfonso Noce, responsabile per il Lazio del nucleo antiterrorismo: praticamente un bersaglio mobile.
Quelli sono anni difficilissimi per la giovane e fragile democrazia italiana, gli anni che un grande maestro del giornalismo, Sergio Zavoli, definirà La notte della Repubblica. Anni di bombe, di attentati, di stragi: anni di piombo. La mattina del 14 dicembre 1976 Prisco è seduto al posto di guida dell’autovettura sotto casa del dottore Noce in attesa che l’altro collega della scorta e il vicequestore si accomodino in auto per ripartire. La macchina però non ripartirà: da un furgone, parcheggiato lì da alcuni giorni contromano, escono tre terroristi che iniziano a mitragliare l’autovettura: Prisco è il primo a essere colpito e l’unico dei tre a morire.
Il dottore Noce e l’altro poliziotto vengono feriti, mentre a terra rimane anche uno degli assalitori colpito dall’arma di un suo compagno.
Anche i terroristi sono meridionali, fanno parte dei N.A.P., Nuclei Armati per il Proletariato, gruppo minore della galassia terroristica di estrema sinistra ma ugualmente feroce. Per Prisco ci saranno funerali di Stato a Roma e poi quelli a Nocera dove, nella chiesa del Corpo di Cristo, partecipa una folla impressionante proveniente da tutta la Regione. Per gli assassini, poi individuati, seguirà invece un processo e le relative condanne.
“Quel giorno non è stato ucciso solo Prisco, ma un’intera famiglia” ci dice Filomena, tornata col marito a Nocera, dopo una vita trascorsa a Milano, nella stessa casa dove hanno vissuto i genitori e dove Prisco tornava nei periodi di licenza dal servizio. “Ogni volta che doveva ripartire per Roma, al momento del saluto, si segnava col segno della Croce” – ricorda ancora Filomena – “consapevole probabilmente dei rischi che il suo lavoro comportava. Fu così anche quel lunedì che ha preceduto l’irreparabile”. I genitori di Prisco e Filomena sono morti dopo pochissimi anni dalla tragedia, a un mese di distanza l’uno dall’altra, e questo chiarisce il senso delle sue parole.

A casa di Filomena oltre alle foto del fratello, c’è in soggiorno anche il cappello della divisa che era stato posto sulla bara. “Ho partecipato nel corso degli anni a molte manifestazioni in ricordo di Prisco, a Roma, a Milano, a Salerno. In un’occasione, diversi anni dopo, ho voluto vedere i luoghi dell’attentato, sono stata a casa del dottore Noce e della sua famiglia di cui mio fratello mi parlava benissimo. Il presidente Ciampi lo ha insignito nel 2004 della Medaglia d’oro al merito civile” – ricorda Filomena – “ma gli anni passano e anche le commemorazioni in sua memoria si fanno sempre più stanche”.
Il dolore per le vittime di terrorismo, soprattutto se non si tratta di personaggi illustri – politici, magistrati, giornalisti – rischia col tempo di appartenere soltanto alla ristretta cerchia dei familiari. Sono passati 48 anni da quando un figlio della nostra terra, un ragazzo che si era messo al servizio dello Stato e che aspirava a una vita normalissima, a sposarsi, mettere su famiglia, è finito stritolato dagli ingranaggi della Grande Storia incontrata in un’anonima strada di Roma.
A Nocera c’è una via, per la verità un po’ secondaria, intitolata a Prisco Palumbo ma non c’è, per esempio, una scuola che porti il suo nome (una è intitolata ad un’altra vittima del terrorismo, Ilaria Alpi). Un grande monumento funebre, eretto a spese della famiglia, c’è all’ingresso del Cimitero cittadino. La prossima volta che andremo in quel luogo, fermiamoci a leggere la lapide, a ripensare a questo nostro giovane conterraneo il cui sacrificio va raccontato soprattutto ai ragazzi e la cui memoria a Nocera, nella sua città, è giunto il tempo di onorare al meglio
