Da Pagani al confino a Lipari, dal tentato attentato a Mussolini alla guerra civile spagnola: la storia dimenticata di un anarchico che fece della libertà la sua unica patria.
C’è una storia che cammina ai margini dei manuali, lontana dai riflettori della storiografia ufficiale, ma vicinissima al cuore pulsante dell’Italia che resisteva. È la storia di Ernesto Danio, anarchico, sindacalista, ribelle per vocazione e per coscienza, nato a Pagani il 4 ottobre 1880 da genitori ignoti, vissuto nel pieno delle contraddizioni del Novecento.
Danio era un cestaio, un mestiere umile ma solido, come la sua determinazione. E proprio tra gli operai e i contadini dell’Agro Nocerino-Sarnese iniziò la sua lunga militanza, diventando capolega del sindacato dei cestai e figura centrale alla Camera del Lavoro di Nocera Inferiore. Il suo impegno non era solo politico: era umano, quotidiano, profondamente legato alla giustizia sociale.
Nel 1917 arrivano le prime condanne. Partecipò a manifestazioni pacifiste e venne arrestato. Nel 1921 fu accusato di traffico di esplosivi. Da lì, la sua vita divenne un continuo esilio: carcere, confino a Lipari (1928–1932), poi Francia, Svizzera, Spagna e Tunisia. Nel 1934 a Barcellona, con altri esuli antifascisti, partecipò alla pianificazione di un attentato contro Benito Mussolini, fallito ma indicativo della disperazione e del coraggio dei suoi promotori.
Danio fu schedato come “individuo pericoloso” dal regime fascista. Non solo per le sue idee, ma per la sua capacità di coinvolgere, di organizzare, di resistere. Partecipò alla Guerra civile spagnola, militando nella brigata “6 ottobre” e successivamente nella “milizia rossa”. La sua figura fu continuamente sorvegliata dai servizi di polizia italiani, anche quando si rifugiò in Francia sotto falso nome.
Dopo la guerra, Ernesto Danio rientrò a S. Egidio del Monte Albino. Qui portò avanti un’altra battaglia, meno eclatante ma altrettanto simbolica: la ricostituzione del Comune, annullato nel 1929. Il 1° luglio 1946, grazie anche al suo intervento presso i compagni socialisti a Roma, S. Egidio tornò ad essere autonomo.
Morì nel 1966, in silenzio, in una casa di riposo a Siano. Nessun monumento, nessuna lapide. Solo la memoria viva di chi lo aveva conosciuto.
Ernesto Danio non fu solo un militante. Fu compagno di vita di Emilia Buonacosa, giovane operaia e attivista. Fu padre, amico, narratore di un mondo in fermento. I documenti dell’epoca lo dipingono come un uomo “aggressivo e violento”; in realtà, fu un precursore della disobbedienza civile, un difensore instancabile della dignità dei lavoratori, un europeo che parlava la lingua della giustizia e della libertà.
Solo a partire dagli anni Duemila, con il lavoro di ricercatrici come Nunzia Gargano e l’intervento di amministrazioni locali illuminate, Danio ha cominciato a riemergere dalla coltre dell’oblio. Una strada e un convegno gli sono stati dedicati. Ma resta ancora tanto da fare per restituirgli il posto che merita nella nostra memoria collettiva.
Ernesto Danio ci parla ancora oggi. È l’incarnazione di una resistenza fatta non di proclami, ma di atti concreti. Non chiese onori, né ricompense. Lottò perché credeva che la libertà non fosse negoziabile. Non era un eroe di carta. Era un uomo, con le sue fragilità e le sue grandezze. E questo lo rende, se possibile, ancora più importante.
Fonti:
- Nunzia Gargano, Ernesto Danio: una vita anarchica, Università di Salerno, 2009.
- Archivio Centrale dello Stato (ACS), Casellario Politico Centrale, busta 1614, documenti su confino e sorveglianza politica.
- Giuseppe Aragno, Dizionario biografico degli anarchici italiani, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2003.
- Fondazione Mediterraneo, www.fondazionemediterraneo.org
- Istituto Galante Oliva, www.igo900.org
- Blog “Nord Est Libertario”: www.nordestllibertari.blogspot.com
- Portale antifascistispagna.it – Sezione volontari italiani in Spagna
Una risposta
Uomini che hanno combattuto contro le ingiustizie furono additati come banditi. Ernesto Danio un vero uomo libero.